Il Mugnaio e l’Inquisitore

“La Storia è Storia degli uomini, non dei grandi”

Mi chiamo Domenico Scandella, detto Menocchio. Sono nato nel 1532 a Montereale, un piccolo paese del Friuli. Sono un mugnaio, porto anche l’abito tradizionale dei mugnai, una veste, un mantello e un berretto di lana bianca. So leggere, scrivere et abaco e per questo sono stato podestà del paese nonché camararo, cioè amministratore della pieve di Montereale. Il 28 settembre 1583 sono stato denunciato da don Odorico al sant’Uffizio per aver pronunciato parole ereticali et empissime su Cristo.

Fra il 1551 e il 1648 in Friuli il tribunale dell’inquisizione trattò più di 4000 processi. La riforma protestante di Lutero fece molti proseliti nel nord Italia e il patriarca di Aquileia vietò la lettura di trattati, libri di filosofia e religione, opere di astrologia e magia e Bibbie proibite che circolavano in gran quantità tra le canoniche dei paesini del Friuli.

Io ho questa opinione, che il parlar latino sia un tradimento de’ poveri perché nelle liti li pover’homini non sanno quello che si dice et se vogliono dire quattro parole bisogna haver un avvocato. Et mi pare che in questa nostra legge il papa, li cardinali, i vescovi sono tanto grandi et ricchi che tutto è de chiesa et de preti, et sfruttano li poveri, quali se hanno dei campi a fitto sono della chiesa, del tal vescovo, del tal cardinale.

Menocchio si trovava al cospetto del podestà di Portogruaro e dell’inquisitore di Aquileia con il suo vicario e, nonostante ciò, dalle sue parole si evince che l’incarnazione principale dell’oppressione era proprio la gerarchia ecclesiastica. Montereale non era di certo un caso isolato: alla fine del Cinquecento la maggior parte dei terreni in Friuli erano di proprietà ecclesiastica. Ma dietro questo c’era anche l’influenza della Riforma protestante che contrastava, in campo religioso, politico e sociale, il principio di autorità. La condanna dell’uso del latino, la polemica contro l’ipocrisia fratesca, la condanna delle leggi et comandamenti come mercantie, l’invettiva contro preti e frati, la negazione del purgatorio, l’inutilità delle messe per i morti, il rifiuto delle chiese sontuose erano motivi ricorrenti negli interrogatori di Menocchio ed estrapolati anche dalla lettura del Sogno di Caravia, testo stampato a Venezia nel 1541.

Io penso che tutto sia un caos, terra, acqua, aria, fuoco e quel volume fece una massa, come si fa il formaggio nel latte, et i vermi furono gli angeli, et la santissima maestà volle che quel fosse Dio et li angeli, e tra quel numero di angeli vi era anche Dio creato da quella massa in quel medesimo tempo, e fu fatto signor con quattro capitani, Lucifero, Michael, Gabriel et Rafael. Lucifero volle farsi signor alla comparation del re, che era la maestà di Dio, et per la sua superbia Iddio comandò che fosse scacciato dal cielo con tutto il suo ordine et la sua compagnia; et questo Dio fece poi Adamo et Eva et il popolo in gran moltitudine. La qual moltitudine, non rispettando li comandamenti di Dio, mandò il suo figliol, il quale li Giudei lo presero, et fu crocifisso.

Il formaggio primordiale da cui nascono dei vermi che sono angeli. Questa è la cosmogonia di Menocchio, la sua teoria sulla nascita dell’universo. Di certo le sue idee non possono essere attribuite direttamente alla Riforma luterana quanto a un sostrato di credenze contadine ormai vecchio di secoli e mai eliminato del tutto. A questo va aggiunto la lettura del Fioretto della Bibbia preceduto da un racconto della creazione dove la metafisica si mescola all’astrologia e la teologia alla dottrina dei quattro temperamenti. Ma in realtà non è dai libri che Menocchio ha tratto la propria teoria quanto dall’esperienza quotidiana della nascita dei vermi dal formaggio. Vediamo dunque riaffiorare uno strato culturale profondo che non è soltanto una reazione filtrata attraverso la pagina scritta ma un residuo, inconsueto e a tratti incomprensibile, di una massiccia cultura orale.

Che credevate? Che Gesù Cristo sia nato dalla vergine Maria? Non è possibile che l’abbia partorito et sia restata vergine. Può invece esser questo; che sia stato qualche uomo per bene, o il figliol di qualche uomo per bene. Havendo io letto che la gloriosa Vergine era sposata da s. Iseppo, credeva che nostro signore Iesu Christo fusse fiolo de s. Iseppo, perché ho letto dell’istorie che s. Iseppo chiamava nostro signore Iesu Christo per fiolo, et questo ho letto in un libro che si chiama Il fioreto de la Bibbia.

Al momento dell’arresto il vicario generale fece perquisire l’abitazione di Menocchio e trovò alcuni volumi non sospetti né proibiti cosicché non fu redatto un inventario.   

Io sono nato christiano e voglio vivere da christiano, ma se fossi nato turcho, haverebbe voluto star turcho. Un gran signore dichiarò esser suo herede colui che havesse un certo suo anello pretioso; et venendo a morte fece fare duoi altri anelli simile al primo, siccome havea tre figlioli, et ad ogni figliolo diede un anello, ma per la loro similitudine non si poteva sapere di certo. Allo stesso modo Iddio padre ha vari figlioli che ama, cioè li christiani, li turchi et li hebrei, et a tutti ha dato la voluntà da vivere nella sua legge, et non si sa quale sia la buona: però io dissi che essendo nato christiano voglio star christiano, et se fossi nato turcho vorrei viver turcho. Quindi, di grazia, io credo che ognuno crede che sii la sua fede buona, ma non si sapi qual sii la buona: ma perché mio padre avo et li miei sono stati christiani, io voglio star christiano. Et credere che questa sii la buona.

Il quadro parziale delle letture di Menocchio è stato ricostruito sulla base degli accenni fatti dal mugnaio durante gli interrogatori. Il Sogno di Caravia \ Il Fioretto della Bibbia \ il Decamerone di Boccaccio con la parabola dei tre anelli \ La Bibbia in volgare \ Il Rosario della Madonna \ la Legenda aurea di Jacopo da Varagine \ l’Historia del Giudicio \ il Cavaliere di Mandeville \ il Supplemento delle Cronache \ una traduzione italiana del Corano. Sono dati significativi che mostrano la presenza, in una piccolissima comunità, di una rete di lettori che, non potendosi permettere di acquistare libri, iniziano a scambiarseli l’un l’altro. Una circolazione che coinvolge non solo mugnai, contadini e preti, ma anche le donne. Confrontando i passi dei libri citati da Menocchio con le conclusioni che egli ne trasse si evince come più del testo appare importante la chiave di lettura, la griglia che Menocchio interponeva tra sé e la pagina. Questa chiave di lettura è diversa da quella espressa nella pagina stampata e rimanda ad una cultura orale. Fu proprio lo scontro tra la stampa e la cultura orale, di cui Menocchio era depositario, a portare il mugnaio a formulare le sue opinioni espresse in paese e durante gli interrogatori.

Il 28 settembre 1583 la denuncia per eresia. Dopo varie accuse il 4 febbraio 1584 fu arrestato e tre giorni dopo interrogato per la prima volta. Il 17 maggio 1584, dopo essere stato accusato di eresia, fu condannato al carcere a vita obbligando la famiglia a mantenerlo a proprie spese. Dopo due anni di carcere il figlio di Menocchio presentò una supplica scritta dal padre al vescovo e all’inquisitore che decisero di liberarlo con l’obbligo di risiedere a Montereale e indossare a vita la veste gialla dell’infamia. Ma nel carnevale del 1596 Domenico Scandella disse a un conoscente che:

credo che la Scrittura Sacra sia data da iddio, ma poi è stata aggiunta dalli homini. Circa le cose dei Vangeli, credo che parte siano veri et parte li evangelisti habbino messo de suo cervello, come si vede nelli passi, che uno dice a un modo et uno a un altro.

Quando si venne a sapere che il mugnaio metteva in dubbio la divinità di Cristo e la moralità della Madonna, l’inquisitore generale del Friuli lo fece arrestare nel carcere di Portogruaro. Iniziarono di nuovo gli interrogatori e le torture per estrapolare i nomi di eventuali compagni. La sentenza prevedeva la condanna a morte ma l’inquisitore friulano sembrava avere dubbi tant’è che inviò una lettera a Roma. Il Papa, Clemente VIII, si chinava verso Menocchio per esigere la sua morte negli stessi mesi in cui si andava concludendo il processo a Giordano Bruno. Di lì a poco Menocchio fu ucciso.

Carlo Ginzburg, nel suo libro Il formaggio e i vermi, ha reso nota la vicenda di Domenico Scandella portando alla luce ed analizzando gli atti dei processi inquisitoriali. Il testo non si limita solo a raccontare la vicenda del mugnaio friulano ma analizza l’importanza della storia dal basso e del rapporto tra la cultura ufficiale, delle classi dominanti, e quella popolare. Le idee, le storie, non nascono semplicemente dalle classi di potere e la vicenda di Menocchio, un caso limite, ripropone un problema di cui solo da pochi decenni si intravede la portata: quello delle radici popolari di gran parte della cultura europea. La storia di Domenico Scandella ci mostra come le persone normali, che spesso non compaiono sui libri, non solo l’hanno subìta la grande Storia, ma ci aiutano a comprenderla. Di Menocchio sappiamo molte cose. Di tanti altri come lui, vissuti e morti senza lasciare traccia, non sappiamo nulla.

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

Scopri tutte le attività