C’era un ragazzo..

“Cantava viva la libertà, ma ricevette una lettera..”

1966

All’Hotel cavalieri Hilton, ai Parioli, Jimmy Fontana, i Pooh, Lucio Dalla, Gabriella Ferri, Albano, i Nomadi e tanti altri concorrono, a suon di canzoni targate RCA (ma aperto anche ad altre etichette), alla terza edizione del Festival delle Rose, un concorso canoro alla pari di Sanremo e Castrocaro. Tra i concorrenti c’è anche il poco più che ventenne Gianni Morandi.

“In quel periodo io cantavo delle canzoni molto melodiche e tradizionali, come La fisarmonica, In ginocchio da te, Non son degno di Te [canzone con la quale ha vinto la prima edizione di questo Festival]. Arrivò questo ragazzo da Siena, Mauro Lusini, con questo brano cantato in un inglese un po’ maccheronico”.

Franco Migliacci, lo stesso autore di Nel blu dipinto di blu e di altri brani scritti per Mina, Milva, Patty Pravo, Fred Bongusto, in dieci minuti riscrive il testo portato da Lusini e lo fa ascoltare a Morandi, suo amico e collaboratore.

Io mi innamorai disperatamente della canzone e decisi, io per la prima volta, che volevo farla, fino ad allora era Franco che decideva. Lottai moltissimo un po’ anche contro la casa discografica”.

Così Gianni Boncompagni e Carla Puccini, in diretta su RaiDue, presentano sul palco del Festival delle Rose ’66 Gianni Morandi accompagnato da Lusini e dalla sua chitarra acustica, con la canzone:

C’ERA UN RAGAZZO
CHE COME ME
AMAVA I BEATLES
E I ROLLING STONES

Un ragazzo, come Morandi, è il protagonista di questa canzone. Così come i ragazzi, in questo ultimo anno, sono i nuovi protagonisti della scena sociale uniti tutti insieme nel combattere ogni tipo di guerra e nel rivendicare molte libertà, in primis quella sessuale e di espressione. L’insofferenza verso la vecchia generazione, detentrice di potere e privilegi, provoca in loro il bisogno di un cambiamento epocale, tale che coinvolge milioni di giovani in tutto il mondo. Un bisogno espresso anche e soprattutto attraverso la musica (nell’oratorio dei padri filippini di Roma la musica entra in chiesa con la prima celebrazione della così detta messa beat, proposta poi in altre parrocchie con l’intento di farla accettare dall’allora Papa Paolo VI). Si ascoltano i Beatles e i Rolling Stone. A sorpresa quest’anno è il classico e intramontabile Frank a conquistare la prima posizione nella hit parade dei singoli più venduti in Italia con Strangers in the Night. Ma tra i primi posti dei successi del momento ci sono anche i Dik Dik con Sognando la California; Caterina Caselli con Nessuno mi può giudicare; Adriano Celentano con il Ragazzo della via Gluck e il brano dei Nomadi Noi non ci saremo, una delle primissime canzoni denominate d’impegno e presa di coscienza. 

GIRAVA IL MONDO,
VENIVA DA
GLI STATI UNITI D’AMERICA.

A giugno gli Stati Uniti lanciano il primo massiccio bombardamento sul Vietnam del nord. I B52 sorvolano la penisola asiatica e distruggono case, industrie, riserve di carburante. I giovani scendono in piazza:

“Vietnam libero, Vietnam libero. Vietnam libero”

La guerra in Vietnam, scoppiata ormai da diversi anni tra le forze insurrezionali filocomuniste e il governo filostatunitense, alimenta il sentimento pacifista dei giovani che si riconoscono in nuovi miti come i comandanti vietcong, che conducono una lotta impari contro il gigante americano e i due eroi della rivoluzione cubana, Fidel Castro e Che Guevara, anch’essi in perenne lotta contro gli americani e tutti gli imperialisti. Una guerra che è diventata un vero e proprio catalizzatore delle rivolte giovanili soprattutto nei campus americani dove tra grida, manifestazioni e proteste in questi mesi sta andando in scena la più grande crisi d’identità che il popolo americano abbia mai avuto. 

NON ERA BELLO
MA ACCANTO A SÉ
AVEVA MILLE DONNE SE
CANTAVA “HELP” E “TICKET TO RIDE”
O “LADY JANE” O “YESTERDAY”.
CANTAVA “VIVA LA LIBERTÀ”
MA RICEVETTE UNA LETTERA,
LA SUA CHITARRA MI REGALÒ
FU RICHIAMATO IN AMERICA.

Una lettera, una lettera di chiamata al fronte, la famosa draft card. È l’incubo di molti ragazzi americani. Il progressivo coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra ha contribuito al ricorso ai soldati di leva. Alcuni di loro la bruciano, altri scappano in Canada, altri ancora preferiscono farsi arrestare pur di non partire per la guerra. Nonostante questa resistenza, è aumentata negli ultimi mesi la percentuale dei soldati di leva e la richiesta di uomini da inviare al fronte. 

STOP! COI ROLLING STONES!
STOP! COI BEATLES STOP!
MI HAN DETTO VAI NEL TATATÀ 
E SPARA AI TATATÀ.
C’ERA UN RAGAZZO
CHE COME ME
AMAVA I BEATLES
E I ROLLING STONES
GIRAVA IL MONDO,
MA POI FINÌ
A FAR LA GUERRA NEL TATATÀ

Che bizzarria è questa! Dov’è il tatatà e chi sono i tatatà? In effetti, poco prima dell’inizio dell’esibizione dei due giovani artisti, Migliacci riceve una telefonata: è Ennio Melis, capo della casa discografica RCA, che gli passa al telefono un dirigente Rai in persona. Che cosa ancora più bizzarra. Questo dirigente impone di non pronunciare le parole Vietnam e Vietcong. Troppa musica beat, troppe proteste giovanili. Questo è un Festival e la Rai è la Rai. 

“Dissero di mettere al posto di quelle parole Corfù e Cefalù. Cefalù? Corfù? Ma stiamo scherzando? Migliacci non poteva accettare una simile presa di posizione anche se la pena era l’oscuramento”.

Uno dei più importanti interpreti della musica italiana non può, in piena Guerra Fredda, schierarsi così apertamente e in diretta sulla televisione nazionale contro una nazione amica come l’America. Così Migliacci raggiunge Morandi in camerino e gli propone di utilizzare tatatà al posto di Vietnam e Vietcong (di certo meglio di Corfù e Cefalù). 

“Entrando mi accorsi della presenza di ombre minacciose nascoste tra le quinte del teatro. Ero circondato da tutto lo stato maggiore musical-televisivo di quegli anni, uno schieramento che mi procurava eccitazione”.

CAPELLI LUNGHI NON PORTA PIÙ,
NON SUONA LA CHITARRA MA
UNO STRUMENTO CHE SEMPRE DÀ
LA STESSA NOTA RATATATA.

Una nuova canzone dei Nomadi, proprio di questo anno, inizia così: Come potete giudicar \ come potete condannar \ chi vi credete che noi siam \ per i capelli che portiam. La canzone è il manifesto del “capellone”, della sua appartenenza e della sua natura pacifica. Il ragazzo cantato da Morandi, come molti altri, porta i capelli lunghi, gira il mondo, suona la chitarra, canta viva la libertà e le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones ma a un certo punto riceve una lettera. È costretto a partire per il Vietnam. Ora non porta più i capelli lunghi, non suona più la chitarra ma un’arma che spara e uccide e fa ratatata. 

“La prima strofa la completai come volevano loro. Aborrii il pericoloso focolaio della discordia. Ubbidii censurando la divulgazione di quel guaio asiatico, cantando il ta-tatatà concordato con Franco. Ma quella troncatura castrava troppo la canzone, la rendeva troppo banale. Mi sentivo come dai Salesiani, represso dalla disciplina di un collegio. La prima canzone per cui avevo lottato così tanto. Ma dai, questo non si poteva fare.

NON HA PIÙ AMICI, NON HA PIÙ FANS,
VEDE LA GENTE CADERE GIÙ

A quel punto, letteralmente trasportato dalla forza del brano, improvviso un movimento ad arte per dare le spalle alle telecamere. Incrocio nel buio il riverbero del colletto della camicia di Franco, incontro i suoi occhi e gli spalanco addosso i miei. Segnale trasmesso. Mi volto nuovamente di fronte al pubblico e ho tutta la forza per tirare diritto:

NEL SUO PAESE NON TORNERÀ
ADESSO È MORTO NEL VIETNAM

L’urlo esce, magnifico ed emozionato su tutta la platea. L’ha fatto, ha detto la parola Vietnam. 

STOP! COI ROLLING STONES!
STOP COI BEATLES. STOP!
NEL PETTO UN CUORE PIÙ NON HA
MA DUE MEDAGLIE O TRE

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

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