I Fraintesi Illustri

“Forse con molto timore pronunziate contro di me la sentenza di quanto non ne provi io nel riceverla”.

– Mi presento, mi chiamo Filippo Bruno, in onore di Filippo II di Spagna. Sono nato a Nola nel 1548 da una famiglia umile e povera. A quindici anni sono entrato in convento e ho preso il nome di Giordano, come il mio maestro di metafisica. Ora per tutti sono Giordano Bruno. Ho scelto l’ordine domenicano non tanto per fede quanto per potermi dedicare ai miei studi con la certezza di godere di una condizione privilegiata che questo abito mi garantiva.

– Piacere, io sono Galileo Galilei. Sono nato nel 1564 a Pisa, primogenito di sette figli. Mio padre era di famiglia umile, mia madre invece vantava importanti origini. Ho iniziato a studiare dialettica con un maestro e poi mi sono iscritto all’università dove ho iniziato ad interessarmi alla matematica.

– Sei un matematico quindi?

– Sono un matematico sì, ma anche un accademico, fisico e filosofo. Pensa che sono stato io ad introdurre il metodo sperimentale nell’indagine scientifica permettendo alla scienza di acquisire una prospettiva realistica e non più metafisica. E poi sono un astronomo. Nel 1609 per la prima volta ho puntato un cannocchiale verso il cielo e ho fatto molte scoperte importanti.

– E cosa hai scoperto?

– Che non vi è molta differenza tra la Terra e la Luna; che Giove ha quattro satelliti, che in onore di Cosimo II de’ Medici ho chiamato stelle medicee e che oltre le stelle visibili ad occhio nudo ve ne sono altre, quindi l’universo è più grande di quel che si crede. Tu invece Giordano cosa fai?

– Io sono un filosofo e uno scrittore. Ho viaggiato e studiato tanto: grammatica, lettere, logica, dialettica, filosofia, metafisica, mnemotecnica.

– Mnemotecnica?

– La mnemotecnica è l’arte del memorizzare e attraverso questo strumento ho provato a dominare e dirigere la realtà. Ho pubblicato anche un volume, Ars Memoriae, messo in vendita alla fiera del libro di Tolosa. Proprio lì un certo Giovanni Mocenigo, nobile veneziano, lo ha acquistato e mi ha invitato da lui in cambio dei miei insegnamenti. Così sono giunto a Venezia e lì ha preso forma la mia tragedia.

– Perché?

– Questo Mocenigo mi ha denunciato al Tribunale dell’Inquisizione veneziano per bestemmie e arti magiche. Sono stato arrestato e dopo ben sette udienze l’Inquisizione romana mi ha convocato a Roma.

– Anche io sono stato convocato a Roma dall’Inquisizione.

– Anche tu Galileo? E come mai?

– Molti frati domenicani a Firenze mi hanno accusato di contraddire le Sacre Scritture con le mie concezioni astronomiche ispirate alla teoria copernicana.

– Ah, Copernico, lo scienziato che ha sconvolto il pensiero scientifico sostenendo che il sole è al centro del sistema solare e che la terra gira sul suo asse di rotazione intorno ad esso. Ci vuole coraggio a sostenere una teoria contraria a quella ufficiale della Chiesa che invece pensa esattamente il contrario, cioè che la terra è ferma al centro dell’universo e il sole gira attorno ad essa.

– Esatto. E io, da scienziato, nel 1632 ho pubblicato un libro: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. La Santa Inquisizione romana mi mandò subito a chiamare ordinandomi, nonostante la mia età avanzata, di raggiungere Roma. Senti cosa mi hanno scritto: se apparirà che è in condizioni di venire a Roma vi sia condotto prigioniero e in catene. Se invece per ragioni di salute l’arrivo a Roma dovrà differirsi, non appena sarà guarito, venga condotto in nostra presenza prigioniero e in catene. Così, nel febbraio del 1633 sono arrivato a Roma, presso palazzo Serristori e qui ha preso forma la mia tragedia. E tu Giordano perché sei stato convocato dall’Inquisizione romana?

– Ad essere sincero anche io ho appoggiato le teorie copernicane affermando che esistono innumerevoli soli e innumerevoli terre che ruotano attorno ad essi. Però ho anche detto che il Padre e il Figlio non sono della stessa sostanza, come diceva Ario e ho dichiarato assurdo lo spaccio della bestia trionfante.

– Cosa?

– Eh, l’adorazione assurda della coda di un’asina che, dicono, avrebbe condotto Nostro Signore dentro Gerusalemme. Poi ho scritto che il mondo è stato creato, certo, ma ciò non vieta di considerare che la materia, al pari di Dio, sia eterna, vale a dire essa stessa immortale e immutabile. Per tutti questi motivi mi hanno rinchiuso per ben sette anni nel carcere di Tor di Nona qui a Roma e sono stato sottoposto a ventidue interrogatori con tanto di tortura.

– E cos’è successo poi?

– Il cardinale Roberto Bellarmino mi ha proposto di firmare otto preposizioni che ho accettato ma con riserva perché il filosofo deve essere libero dalle imposizioni delle autorità e dalle stesse tradizioni.

– Bellarmino? Anche tu quindi l’hai conosciuto. Pensa ho ancora il ricordo di quella mattina che mi mandò a chiamare e mi disse che l’opinione di Copernico non si poteva tenere né difendere perché contraria alla Sacre Scritture. E pensare che oggi è venerato come santo e patrono dei catechisti dalla Chiesa Cattolica.

– E cosa hai fatto Galileo,hai seguito il consiglio di Bellarmino?

– Sinceramente non pensavo che le mie scoperte potessero suscitare sospetti in ambito ecclesiastico. Io, dopo la lettera di Bellarmino e le accuse di alcuni frati, ho continuato a difendere la teoria eliocentrica. Ma, come ti ho detto prima, dopo la pubblicazione della mia opera sono stato convocato dall’Inquisizione e ho subìto diversi interrogatori. Alla fine, sfiancato anche dall’età, inginocchiato davanti ai Reverendissimi dell’Inquisizione ho abiurato e maledetto li suddetti errori et eresie, cioè che il sole sia al centro del mondo e non si muova e ho giurato che per l’avvenire non dirò mai più cose simili per le quali si possa aver di me simili sospetti. Io, Galileo Galilei, ho abiurato di mia propria mano nel convento di Santa Maria Sopra Minerva a Roma, il 22 giugno 1633.

– E ti hanno condannato al carcere a vita?

– Inizialmente sì ma poi i Reverendissimi, in accordo con il Papa, hanno deciso per un soggiorno coatto presso la residenza romana del gran Duca di Toscana a Trinità dei Monti. Poi sono stato trasferito a Siena e successivamente ad Arcetri, a sud di Firenze, dove sono morto l’otto gennaio del 1642 con la certezza, in cuor mio, di non aver mai realmente rinnegato le mie convinzioni copernicane. Cosa peggiore di tutte l’Inquisizione ha ordinato anche che venissero bruciati tutti i miei scritti e le mie carte.

– E a te Giordano invece com’è andata?

I padri maestri di sacra teologia e dottori della legge, dopo le mie riserve ad abiurare e le denunce di altri carcerati poco raccomandabili, hanno sentenziato che io, Giordano Bruno sono un eretico impenitente e ostinato e per questo hanno comandato che io sia degradato da tutti gli ordini ecclesiastici maggiori e minori. Inoltre hanno definito tutti i miei libri eretici et erronei, in quanto contenenti molte eresie, e ordinato che fossero pubblicamente bruciati in Piazza San Pietro e posti nell’Indice dei Libri Proibiti. Di certo con molto timore hanno pronunciato contro di me la sentenza di quanto non ne ho provato io nel riceverla. Così sono stato consegnato al braccio secolare che ha deciso la mia condanna a morte.

– Ti hanno condannato a morte?

– Sì, giovedì 17 febbraio 1600, in Campo de’ Fiori, fui bruciato vivo avendo formato diversi dogmi contro la nostra fede. Sono morto martire e volentieri. 

L’esito dei processi dei due pensatori fu simile: entrambi condannati dal Tribunale della Santa Inquisizione per eresia. Giordano Bruno fu arso vivo a Campo de’ Fiori, Galileo Galilei preferì abiurare. Queste due tragedie mostrano come il contesto italiano, nel secolo della rivoluzione scientifica, non era favorevole alla libertà di pensiero. Il racconto delle Storie di questi due uomini ci porta a riflettere sulla necessità di un pensiero basato non sulle convinzioni religiose di chi lo professa bensì sulla ragione. La necessità di distinguere ciò che si può dimostrare da ciò in cui si può credere. La necessità della laicità, che non è un contenuto da contrapporre alla fede bensì una modalità di pensiero. Questo racconto è un omaggio a tutti i pensatori che non sono stati liberi di pensare. Un omaggio a tutti i FRAINTESI ILLUSTRI della Storia.

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

Scopri tutte le attività