Il SOGNATORE di POGGIOFIORITO
“Il resto è solo questo bisogno di raccontarci e di sentirci ancora vivi”
Caro Camillo, da qualche parte, mischiati in mezzo a mille fogli e appunti, ho ancora le tue correzioni della mia tesi di laurea. Ricordo con emozione, come se fosse ieri, le tue parole dopo averla letta (e corretta): io sistemerei qualcosina ma è bella la tua capacità di scrivere di storia. Eppure, in questo momento non riesco a scrivere di te, che sei stato una pagina importante di storia del nostro paese. Così ho deciso di raccontarti con i tuoi versi (perdonami se li riporto tradotti dal dialetto all’italiano) e con le tue ricerche storiche, che sempre conserverò come la più preziosa eredità lasciatami dal mio grande Maestro poggiano.
Tu, artista e paroliere, ci hai raccontato la tua orfana fanciullezza fatta di memorie di guerra e miseria, di giochi e persone di una volta, di leggende e tradizioni, di preghiere e odori dalla cucina, di emozioni del canto, della musica e della poesia:
io sono nato nel dolore di un giorno muto e, pian piano, unghie e denti son cresciuto, strizzando il primo capezzolo della vita. Poi, scalzo, tra stoppie tagliente ed ortiche, calli son cresciuto, tra sorgenti di terra dal sapore di granchio, foglie d’olio, more di rovo […].
Son cresciuto vergogna dentro la pena di un bimbo imbronciato ad un cantuccio, pianto, dentro gli occhi addolorati della mamma, lampo e brivido di morte, sono cresciuto, entro quest’anima strozzata di figlio senza padre.
E ora, … ora che l’aratro del tempo scava solchi contorti su questo viso stanco e avvizzito, ora che una resta di ricordi e voglie antiche mi rinasce dal cuore e nel sonno scorre, come un fiume nelle vene, in canto e poesia, io mi sento crescere ancora: ma cresco beatitudine dentro il sorriso gioioso di questi figli e melarosa, ora cresco, brina profumata, specchio lucente di pace e amore, dentro gli occhi mielati di mia moglie.
Tu, poeta ai primi posti nella graduatoria della poesia dialettale abruzzese, hai reso vivo e alla portata dell’esperienza quotidiana il nostro dialetto, quello che tua nonna ti rammendava quand’eri bambino:
con telone e mazza sta il nonno sull’aia a battere le pannocchie, la mamma sta al telaio e nonna, sia benedetta, rammenda il mio dialetto.
Hai organizzato e incentivato tanti concorsi di poesia dialettale abruzzese e ti sei sempre adoperato per salvaguardare il nostro dialetto e la cultura ad esso legata rinnovando, arricchendo e valorizzando al massimo la parlata di Poggiofiorito.
Tu, che cucita addosso avevi la “Gente nostra”:
voce di vento, di mare, scirocco, tuoni, campane, rotolarsi d’acque tra le pietre, crocchiar di pane sotto i denti, ali d’uccelli, canti, foglie d’autunno, grilli, fumo nero dei camini, a richiamare la nostra gente. Martelli, falcetti, aratri, processione di formiche, quarti di luna crescente, tutti insieme, come una volta, e ogni erba imbastardita ridiventi spiga di grano, ogni ciuffo di spini risata di granturco; dobbiamo ricolmare la madia, riempire la casa di culle, sorrisi, mani affaccendate, dobbiamo riavviare il trabocco, di nuovo spargere giumelle di semenza, gente nostra sperduta, riventilare la pula sull’aia, riscavare sorgenti tra le pietre, e che ogni sera, sguardo al cielo, ringraziando il Signore, il perché delle fatiche ridiventi significato di piacere, sapore dolce di melagrana e ci rifaccia l’anima felice, gente nostra, come una volta.
I tuoi libri, siano essi di storia o di poesia, sono tutti dedicati alla tua famiglia e alla tua terra:
vado scavando dentro la memoria il suono disperso delle cose importanti, del tempo in cui nonna m’ha cucito addosso quella voglia che mi è entrata sottopelle: la voglia di questa terra e di questa razza. E ora più scavo e più ritrovo l’Abruzzo.
Tu, hai raccontato con orgoglio e amore la nostra gente sacra alla terra e ai suoi valori:
e forse quest’aria fresca, è quest’aria dolce che va dalla montagna al mare e soffia per queste valli e queste colline, che fa cantare questa terra a piena voce e ti trascina l’anima come il vento che non ti puoi scordare di questa gente. Così la gente canta, gente forte e gentile, poeti e musicanti di note più sottili. Questa è la nostra gente, tutta felicità, la vita è come una festa che non finisce mai.
Tu, musicista e compositore, hai cantato e osannato la nostra terra ereditando la passione di tuo padre, fisarmonicista tra i più bravi d’Italia ed autore di molte delle nostre musiche popolari nate dal sudore e dalla santità della terra. Sei riuscito ad inserirti, in maniera intima e soggettiva, nel panorama della canzone abruzzese oscillando sempre tra tradizione e innovazione:
I –
Un uccello che vola,
un ramo fiorito,
ci batte il sole,
ci nasce la vita
a lu paese mé:
Poggiofiorito.
Una rosa che odora,
di cenni e segreti,
ci nasce l’amore,
ci nasce la vita
a lu paese mé:
Poggiofiorito.
II –
Una storia di persone,
cantori e poeti
tra l’oro e l’argento
di ulivi e di viti
a lu paese mé:
Poggiofiorito.
III –
La notte è scesa,
il giorno è sparito
e l’aria ha riportato
un alito di vita
a lu paese mé:
Poggiofiorito.
Mi sembra un sogno
di un tempo svanito:
c’era il mondo
c’era la vita
a lu paese mé:
Poggiofiorito.
(Rit)
Paese mio caro
colorato d’amore,
giardino di fiori
che parla di te.
Paese mio bello,
per valli e per colline
canzoni e stornelli
ora cerco per te.
Tu, storico (il mio Maestro) che magistralmente hai ricostruito, per curiosità e senso di appartenenza a un mondo di valori e tradizioni, la storia di Poggiofiorito. Due volumi di ricerche storiche, documenti e approfondimenti sugli aspetti sociali, le condizioni economiche, le tradizioni e la cultura di una comunità che hai sempre amato, rispettato e osannato. Se potessi scegliere che storica diventare sceglierei di essere come te: minuzioso, paziente, appassionato, puntiglioso, caparbio, capace.
Tu, artista affascinante che con la tua poetica hai posto l’attenzione sulla memoria e sugli aspetti più nascosti della realtà:
ogni strada porta scritto il suo cammino, ogni viso scolpito il suo destino.
Tu, cantore in grado di meditare e farci meditare sulle tematiche del consumismo, della caduta degli antichi valori, della disgregazione del mondo rurale tradizionale, ci hai donato il tuo senso della vita: la penna che ricama e cancella parole.
Una nuvola in alto, una nuvola in basso, nel mezzo il cielo: il niente. Ora tutto il torbido è certo, il resto è solo questo bisogno di raccontarci e di sentirci ancora vivi.
Tu, uomo onesto e gentile, paziente e disponibile. Tu, marito, padre e nonno premuroso e amorevole. Hai cresciuto una mia amica speciale, che ti assomiglia per la passione e la creatività in tutto quello che fa.
Io, piccola storica, ti ringrazio per quello che hai fatto per il nostro paese e ti prometto che mai smetterò di ricordarti e di raccontare, con passione e dedizione, la storia di Poggiofiorito e della sua gente sperando di renderti orgogliosa della tua piccola allieva. Ciao Camillo, poeta, cantore, musicista, storico e poggiano.
LASCIATE CHE MI RIPOSI, PAROLE SEMPRE PRONTE A TORMENTARMI, NON HO PIÙ LE FORZE PER CORRERE DIETRO A QUESTA ANTICA PARLATA, CHE NESSUNO FORSE COMPRENDE ANCORA. TORNO A VEDERE CIELI NUOVI, A SENTIRE L’ARIA SERENA NELLA MENTE, LA FEBBRE DI QUESTA TERRA SOPRA LA PELLE, SENZA PIÙ MEMORIA, NÉ I RICORDI DELLA MIA FANCIULLEZZA. NON AFFACCIATEVI PIÙ, PAROLE E STELLE, ORA ANDATE A RIPORVI NEL CUORE, NON MI TORMENTATE. LASCIATEMI RIPOSARE.
Buon riposo Camillo e con gli occhi lucidi GRAZIE a nome mio e di tutta la comunità di Poggiofiorito.
Di Chiara Civitarese
Immagine di copertina di Marco Bertinelli
Foto di copertina di Paolo Coccione
BIBLIOGRAFIA:
– Camillo Coccione, Canzune d’amore, Atena, Vicenza, 2015;
– Camillo Coccione, Na sciarpe di stelle, Atena, Vicenza, 2012;
– Camillo Coccione, Poggiofiorito, Storia e Tradizioni; vol. I e II, Edigrafital, Teramo, 2006;
– Camillo Coccione, Valle Cicchitte, Edigrafital, Teramo, 2004;
– Camillo Coccione, Poggefiurite, primo decennale del premio regionale di poesia dialettale abruzzese, Edigrafital, Teramo, 2002;
– Camillo Coccione, Vulije di cante; Officine Grafiche Anxanum, Lanciano, 1988.