Pacta Nefanda

“Io non so concepire maggior sventura per un popolo colto che vedere riunita in una sola mano, in mano de’ suoi governanti, il potere civile e il potere religioso”

Art. 1: LA RELIGIONE CATTOLICA, APOSTOLICA E ROMANA È LA SOLA RELIGIONE DELLO STATO. GLI ALTRI CULTI ORA ESISTENTI SONO TOLLERATI CONFORMEMENTE ALLE LEGGI. 

(Statuto Albertino, 1848)

Art. 7: LO STATO E LA CHIESA CATTOLICA SONO, CIASCUNO NEL PROPRIO ORDINE, INDIPENDENTI E SOVRANI. I LORO RAPPORTI SONO REGOLATI DAI PATTI LATERANENSI. LE MODIFICAZIONI DEI PATTI, ACCETTATE DALLE DUE PARTI, NON RICHIEDONO PROCEDIMENTO DI REVISIONE CULTURALE. 

(Costituzione Italiana, 1948)

Lo Stato e la Chiesa. Pensiero e Azione \ Fede e Resurrezione. Le origini di una “questione” durata quasi un secolo. Ma il trascorrere del tempo, è risaputo, aumenta sempre il peso delle questioni. 

Il 1848 è un anno cruciale. A marzo, in soli cinque giorni (le epiche “cinque giornate”) i milanesi (a quei tempi il Lombardo-Veneto era uno stato dipendente dall’Austria) danno vita a violente manifestazioni antiaustriache che immediatamente si trasformano in combattimenti per tutte le vie della città. Le agitazioni si propagano e Carlo Alberto (il Re), spinto dalle sollecitazioni popolari e dal timore che si possano verificare fatti simili anche nel suo regno (che comprendeva le attuali regioni italiane del Piemonte, Sardegna e della Valle d’Aosta oltre che la regione storica francese della Savoia e la contea di Nizza) dichiara guerra all’impero austriaco (Prima Guerra d’Indipendenza italiana). Da questo momento i rapporti tra Pio IX (il Papa) e i risorgimentali iniziano a farsi burrascosi (in fondo il Sommo Pontefice non poteva mettersi contro una superpotenza cattolicissima come l’Austria).

Di guerre d’Indipendenza ne seguiranno altre due (ma questa è un’altra storia che vi racconterò) alla fine delle quali, il 17 marzo 1861, il primo parlamento dell’Italia unita proclama la fondazione del Regno d’Italia, conferendone la corona a Vittorio Emanuele II (il nuovo Re). Camillo Benso Conte di Cavour (Presidente del Consiglio), poco prima di morire (giugno 1861), avrebbe pronunciato la famosa frase speranzosa LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO, in riferimento al fatto che il Papa avrebbe dovuto esercitare soltanto il potere spirituale e non quello temporale sui suoi possedimenti (ma come dice il detto, chi di speranza vive disperato muore). È questo il nocciolo della questione. Alla completa unità mancano ancora alcuni territori tra cui Roma e il Lazio, ovviamente sotto il dominio del Papa (anche lui un Re). Iniziano alcune trattative informali tra il Regno d’Italia e lo Stato Pontificio. Le prime proposte prevedono la garanzia al clero di poter esercitare liberamente la magistratura spirituale in cambio della rinuncia al potere temporale. Proposte ovviamente non accettate (essere uno Stato è diverso dal non esserlo disse la Chiesa).

Il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrano a Roma (dicesi Breccia di porta Pia) e a seguito di un plebiscito la città e il Lazio entrano a far parte del Regno d’Italia (finalmente!). La questione romana, che prima vedeva contrapposta la Santa Sede al movimento risorgimentale, ora identifica il conflitto tra la Santa Sede (semper!) e il nascente Stato Unitario per la sovranità su Roma. Per regolare i rapporti tra i due (Stato e Chiesa) nel 1871 è promulgata dal Regno italiano la Legge delle Guarentigie (in sostanza al Papa è assicurata l’inviolabilità, l’immunità dei luoghi dove risiede e il diritto di rappresentanza diplomatica. Gli onori spettanti a un sovrano, in sostanza. Inoltre l’articolo 4 prevede un introito l’anno per il mantenimento del Sommo Pontefice, del Sacro Collegio, dei palazzi apostolici. Nel 2012 la cifra ammontava a circa 14,5 milioni di euro, in sostanza). Il Papa risponde qualche giorno dopo con un enciclica, Ubi nos, dichiarando inaccettabile la separazione del potere temporale da quello spirituale e qualche anno dopo vieta ai cattolici di partecipare alla vita politica del paese (Non expedit, mai cosa più buona e giusta). Divieto che ha vita breve perché l’avanzare delle forze laiche e socialiste agli inizi del Novecento spinge il Papa (divenuto ora Pio X), con una lettera inviata a tutti i vescovi (Fermo Proposito), a riconsiderare la possibilità di partecipazione politica solo in particolari circostanze. Circostanze che sembrano subito particolari visto che nel 1909 i cattolici si candidano con la formula CATTOLICI DEPUTATI SÌ, DEPUTATI CATTOLICI NO (belli i tempi del Non expedit). Questa formula porterà, in previsione delle elezioni del 1913 (le prime in Italia a suffragio universale maschile), all’accordo tra i liberali di Giovanni Giolitti (presidente del Consiglio) e i cattolici (patto Gentiloni). 

Il 1919 è un altro anno cruciale. A gennaio don Luigi Sturzo fonda il Partito Popolare Italiano e a marzo Benito Mussolini dà vita al movimento politico dei Fasci di Combattimento, inizialmente laico e anticlericale (tempistica casuale da non confondere con causale). Dopo la presa del potere nel 1922 (marcia su Roma) e la svolta autoritaria del 1925 (a seguito del delitto Matteotti) Mussolini sa che deve accaparrarsi i consensi dell’opinione pubblica cercando di occupare ogni spazio della vita sociale. Nascono così l’Opera nazionale del dopolavoro, il comitato olimpico, i gruppi universitari fascisti, i Balilla, i Figli della Lupa (ci è riuscito abbondantemente direi). Ma quale modo migliore di aumentare ulteriormente il consenso se non quello di risolvere definitivamente la burrascosa e fastidiosa “questione romana” e passare alla storia come l’uomo della conciliazione (è passato alla storia anche per svariati altri motivi, ma anche questa è un’altra storia che vi ho già raccontato). 

E così l’11 febbraio 1929, presso il Palazzo del Laterano, Benito Mussolini (il Duce) e Pietro Gasparri (cardinale Segretario di Stato del Papa) stipulano i Patti Lateranensi divisi in tre documenti: Trattato, Convenzione Finanziaria e Concordato. 

Il Trattato, in nome della Santissima Trinità (?), risolve la questione romana dando vita allo Stato del Vaticano e:

Art. 1: L’ITALIA RICONOSCE E RIAFFERMA IL PRINCIPIO CONSACRATO NELL’ARTICOLO 1° DELLO STATUTO DEL REGNO 4 MARZO 1848, PEL QUALE LA RELIGIONE CATTOLICA, APOSTOLICA E ROMANA È LA SOLA RELIGIONE DELLO STATO.

Con la Convenzione Finanziaria il Regno d’Italia si impegna a pagare alla santa Sede le annualità previste dalla legge delle Guarentigie che la Chiesa aveva sempre rifiutato in segno di protesta. Ma

IL SOMMO PONTEFICE CONSIDERANDO DA UN LATO I DANNI INGENTI SUBÌTI DALLA SEDE APOSTOLICA PER LA PERDITA DEL PATRIMONIO DI SAN PIETRO E I BISOGNI SEMPRE CRESCENTI DELLA CHIESA PUR SOLTANTO NELLA CITTÀ DI ROMA, E TUTTAVIA AVENDO ANCHE PRESENTE LA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLO STATO E LE CONDIZIONI ECONOMICHE DEL POPOLO ITALIANO SPECIALMENTE DOPO LA GUERRA, HA RITENUTO DI LIMITARE ALLO STRETTO NECESSARIO LA RICHIESTA DI INDENNIZZO. 

[Nel 2012 la cifra ammontava a circa 14,5 milioni di euro]

Infine il Concordato regola le condizioni della religione in Italia garantendo di fatto alla Chiesa un ruolo di particolare importanza e di privilegio. 

Nel marzo 1947, durante i lavori della Costituente, con 350 voti favorevoli e 140 contrari, l’Assemblea approva l’articolo 7 della Costituzione italiana che sancisce i rapporti tra Stato e Chiesa regolati dai patti Lateranensi (Ricapitolando, l’articolo 7 smentisce il 3, ma immediatamente dopo l’8 smentisce il 7. Direi che c’è qualcosa che non quadra. Sarebbe il caso di farla quadrare).

I patti Lateranensi e le successive revisioni hanno posto fine alla burrascosa “questione romana” e ne hanno aperta un’altra civile, laica e giuridica assai più nefanda.

Di Chiara Civitarese 

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

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