Poi è arrivato il 29 settembre

“Questa è memoria di sangue, di fuoco, di martirio. Del più vile sterminio di popolo”

QUANDO

Questa storia ha inizio il 29 settembre, esattamente come oggi, di 79 anni fa. Era un venerdì.

Venerdì 29 settembre 1944.

Tutta l’Italia è un campo di battaglia percorso in lungo e in largo dagli opposti eserciti. Le divisioni alleate, dopo aver liberato Roma a giugno, inseguono i tedeschi in ritirata verso la “linea gotica”, una barriera difensiva naturale che da Pisa, attraverso tutto l’Appennino toscano, giunge fino a Rimini. Dopo l’eccidio di sant’Anna di Stazzema di agosto inizia la “marcia della morte” che giunge fino al bolognese. Lo scopo dei tedeschi è fare terra bruciata attorno alle formazioni partigiane nelle retrovie della linea gotica sterminando donne, bambini, uomini e anziani.  

DOVE

Siamo in provincia di Bologna, per la precisione a Marzabotto, nelle colline di Monte Sole sull’Appennino bolognese. In queste zone le occupazioni principali sono la coltivazione dei campi e l’allevamento del bestiame sia per il consumo sia come aiuto nei lavori agricoli. Fra questi monti opera la Brigata Stella Rossa, una delle più importanti formazioni partigiane della zona. L’altopiano del Monte Sole è l’ultimo ostacolo naturale prima di Bologna e per i tedeschi è una zona di vitale importanza per evitare di rimanere imprigionati in un duplice attacco alleato e partigiano.

CHI

Walter Reder (il Monco)

Il soldato si distingue dagli assassini perché ha il senso del limite della propria azione, perché è cavaliere. La verità è questa: Reder, come altri suoi simili, appartiene a una casta militare senza scrupoli e senza morale”. È il comandante del Battaglione Esploratori della 16° SS- Divisione Reichsführe che opera in Emilia. Monco di un braccio per ferite di guerra è incaricato di occuparsi delle operazioni di antiguerriglia contro la minaccia dei partigiani nelle zone di Marzabotto. È l’inizio di una strage: i tedeschi setacciano ogni casa, casolare, frazione, comune e nessuno, nessuno è risparmiato. L’operazione, guidata da Reder, è svolta tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Dopo la liberazione Reder è catturato dagli americani in Baviera. Estradato in Italia è processato nel 1951 dal Tribunale militare di Bologna e condannato all’ergastolo. Dopo anni trascorsi nel penitenziario di Gaeta, per intercessione del governo austriaco, riceve la grazia. Muore in Austria senza rimorsi né pentimenti.   

Mario Musolesi (il Lupo)

Subito dopo l’armistizio partecipa ai combattimenti a Porta san Paolo a Roma contro i tedeschi. Tornato nel suo paese natale, a circa 20 km da Marzabotto, organizza con il fratello e la sorella i primi gruppi di partigiani chiamati Brigata Stella Rossa. Dalla posizione elevata del Monte Sole la Brigata esegue attacchi a strade e ferrovie che riforniscono i tedeschi al fronte. La mattina del 29 settembre si trova in una casa di Marzabotto. Sta pianificando insieme ad altri la controffensiva alla marcia tedesca. Accerchiato dai nemici, perde la vita nel disperato tentativo di rompere l’accerchiamento. Gli è stata conferita la Medaglia d’Oro alla Memoria. 

Ferruccio Laffi (il Sopravvissuto)

Io son nato un bel po’ di anni fa, nel 1928 a Castel D’aiano. Il comune di Castel D’aiano era un posto da contadini. Poi nel 1937 siamo andati a Marzabotto, nel comune di sotto. Siam partiti al mattino, abbiamo caricato tutto sul carro e siamo arrivati a Pian di Venola [frazione di Marzabotto]. Lì c’era un sottopassaggio, a un certo punto arriva il treno. Io non avevo mai visto un treno. L’ho visto per la prima volta a nove anni. Io non sapevo niente. Sapevo solo lavorare. Sapevo solo tenere il coniglio, il piccione per avere qualche soldino perché li vendevo. Noi eravamo sette fratelli. Io ero il penultimo, il più piccolo aveva undici anni. [nel 1944 Ferruccio aveva 16 anni] Avevo nove nipoti, due cognate, tutte nella stessa casa. Io avevo tutti sti bimbi lì. Ero lo zio. Nessuno mi ha mai chiamato zio perché ero un bimbo come loro. Poi è arrivato il 29 settembre. È successo quello che è successo. Io non riesco a dare una spiegazione. Però quando si distribuisce dell’odio i risultati sono questi. C’è poco da fare. Qui non ci sono delle parole. Qui ci sono dei fatti. 

Tutta la zona è circondata da circa mille soldati tedeschi e combattenti della RSI divisi in quattro plotoni. Uccidono persone e bruciano case. IL BILANCIO DEL MASSACRO DI MARZABOTTO DOPO SETTE GIORNI DI ECCIDIO È DI 770 VITTIME. FRA QUESTI 

216 BAMBINI.

142 ULTRASESSANTENNI.

316 DONNE. 

Io il 29 ero dall’altra parte del monte, vicino a Marzabotto. Abbiamo visto i tedeschi che venivano verso l’alto. Mio padre mi diceva vai su ad avvisare i partigiani. Loro non avevano bisogno che glielo dicessi io. Lo sapevano già. E mi dicono te adesso nasconditi. Io ho fatto tutto il giorno dentro un fosso là sui monti e la sera sono andato a casa. A casa mia non era successo niente. Tutto tranquillo. Son passati i tedeschi e non hanno fatto niente. Hanno fatto altre cose nei paesi vicini ma il giorno dopo andavano via. La mattina ci siamo svegliati, ci siamo fatti il latte e siamo andati nel campo. A mezzogiorno siamo tornati a casa a mangiare e finito di mangiare vediamo dei tedeschi lì in alto. Si pensava che prendevano gli uomini validi e li portavano in Germania e li facevano lavorare. Io avevo due fratelli più grandi, poi c’erano degli sfollati. Così dicono di andare a nascondersi. Verso sera non si sentiva più niente. Siamo venuti qui e abbiam visto la casa che bruciava. Tutte le bestie fuori e non c’era nessuno. Arriviamo a casa e lì vicino troviamo nell’aia, lì troviamo….lì troviamo…diciotto persone massacrate. Trucidate. Tutti li che c’erano le galline che li beccavano. I maiali che li stavano mangiando. Una cosa che non si può descrivere. Io li vedo ancora. Qui tutto indietro c’era uno tutto attorcinato, era mio padre. Nudo. Si vede che gli hanno fatto vedere lo spettacolo e poi l’hanno ucciso anche lui. A un certo punto prendiamo dei lenzuoli e li copriamo. Poi andiamo a vedere le altre due case perché noi eravamo tre case qui. Avevano fatto la stessa cosa. C’erano dei morti dappertutto. La Bruni, che si trovava in stato di gravidanza, l’hanno squartata tutta dalla schiena. A Vittoria gli hanno levato tutte e due gli occhi. C’erano tutte fiamme. Ci siamo messi vicino ai nostri morti a guardarli. Abbiamo riunito le forze e li abbiamo seppelliti. A casa mia siamo stati per ultimo perché c’erano più morti. Queste cose qui non dovrebbero più succedere. Se c’è qualcuno che le ricorda e le divulga io son contentissimo”.

L’eccidio di Marzabotto non è stata una rappresaglia. Né una vendetta contro i partigiani. L’eccidio di Marzabotto è stato un rastrellamento pianificato e finalizzato al massacro di civili. Al massacro di donne, anziani, bambini. L’eccidio di Marzabotto è il più crudele ed emblematico caso di guerra ai civili commesso durante il secondo conflitto mondiale. Complessivamente le vittime del massacro del Monte Sole (Marzabotto, Grizzano e Vado di Monzuno) furono 1830. Fra questi 95 avevano meno di sedici anni, 110 meno di dieci anni, 22 meno di due anni, otto avevano un anno e quindici meno di un anno. 

Dedicato a tutte le donne, gli anziani e i bambini trucidati e bruciati vivi dai tedeschi. Dedicato ai neonati gettati vivi tra le fiamme. Dedicato ai bambini decapitati in braccio alle loro mamme. 

Dedicato a tutti coloro che nell’antifascismo e nella Resistenza hanno lottato e perso la vita per la pace e la libertà. Perché il loro ricordo non sia vano.

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

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