Il Santone dello Zar

“Se sono stati i tuoi congiunti ad orchestrare la mia morte, allora la tua famiglia morirà in un paio d’anni per mano del popolo russo”

1918

È la notte tra il 16 e il 17 luglio. Nel cuore degli Urali, a più di duemila chilometri da San Pietroburgo, una famiglia viene svegliata nel cuore della notte. Una squadra della polizia segreta bolscevica li costringe a scendere in uno scantinato buio e freddo. Non si tratta di una famiglia qualunque. È la famiglia dello zar Nicola II, imperatore di tutte le Russie. Con lui anche la zarina Alessandra e i cinque figli Olga, Tatiana, Maria, Anastasia e Alessio. La sentenza emessa dal comitato del partito è fatale e inappellabile: condanna a morte per tutti i membri della famiglia imperiale. Un’esecuzione che è il capitolo finale di una storia che ha come protagonisti i Romanov e un santone: Grigorij Efimovič Rasputin. 

1896

Fin dal giorno dell’incoronazione di Nicola II un cattivo presagio sembra designare il destino del nuovo zar: gli argini e le impalcature atte a contenere la folla crollano provocando la morte per schiacciamento di più di mille persone. Ma lo spettacolo deve andare avanti e i festeggiamenti proseguono nonostante la tragedia e la malvagia premonizione. Il nuovo zar, un ventottenne frustrato da un forte senso di inadeguatezza, domina su un immenso territorio, un vero e proprio impero plurinazionale pieno di contraddizioni e disuguaglianze. Da un lato gli sfarzi e gli eccessi della corte imperiale, dall’altro la condizione miserabile e arretrata dei contadini (mugiko). Proprio in una di queste famiglie di poveri, in un villaggio della Siberia, circa trent’anni prima nasceva Rasputin

Ma chi era quest’uomo burbero, misterioso e analfabeta entrato nella corte zarista e diventato indispensabile soprattutto per la zarina Alessandra?

All’età di otto anni, dopo essere caduto nel lago ghiacciato con il fratello morto in quell’incidente, rimane un giorno in coma per assideramento e una volta sveglio inizia a sentire una voce: la voce di Dio.

“Pentitevi figli miei, perché pentirsi è come tornare bambini nelle braccia del Signore e il perdono di Dio è tutto ciò su cui noi possiamo confidare in questa terra”

1904

Rasputin è ormai un vero pellegrino, una sorta di monaco (starec) taumaturgo, un prescelto da Dio, come si definisce. Predica girovagando per la Russia vivendo di elemosine per poi far ritorno a casa e aiutare la famiglia nei lavori agricoli. Fa parte della setta eretica e scabrosa dei Chlysty (i flagellanti) che considera l’abbandono al peccato, e in particolare ai piaceri sessuali, la condizione necessaria per suscitare l’azione dello Spirito Santo. Solo attraverso il Male il Bene può operare; solo attraverso il peccato possiamo ricevere il perdono e la salvezza divina. Nel corso delle funzioni religiose, oltre alla preghiera, si praticano danze sfrenate, accoppiamenti sessuali e orge indispensabili per iniziare il percorso verso la purificazione. 

Mentre Rasputin continua a predicare di villaggio in villaggio il 12 agosto, a San Pietroburgo, la zarina Alessandra, dopo quattro figlie, dà alla luce l’erede al trono Alessio Romanov, una garanzia di continuità e futuro per la dinastia in un momento politico molto delicato per lo zar.  

1905

A gennaio, a San Pietroburgo, a seguito della guerra russo-giapponese, che inaspettatamente vede la marina militare zarista tenuta in scacco dalla marina di una nazione da poco entrata nello scenario internazionale, scoppia un imponente sciopero operaio seguito da una manifestazione pacifica popolare in cui si chiede un miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Sotto la pressione di nuovi scioperi, lo zar è costretto a concedere l’istituzione di un parlamento (Duma) dotato di poteri legislativi ed eletto da tutte le classi sociali. 

Rasputin, dopo lunghe peregrinazioni e preceduto dalla fama di uomo ispirato da Dio e capace di guarigioni miracolose, giunge in città. Inizia a frequentare i salotti delle signore ricche e altolocate, affascinate dal suo aspetto rude, dai suoi modi grezzi, persuasivi, affabulatori e dai suoi occhi di ghiaccio, capaci di ipnotizzare. Venerato dalle nobildonne e temuto dagli uomini potenti, è l’uomo più chiacchierato e famoso della città e questa fama arriva anche nelle stanze del palazzo dello zar. La voce che maggiormente desta l’attenzione della zarina è quella di taumaturgo e guaritore. Infatti Alessio, il tanto atteso erede al trono, soffre di emofilia, una malattia congenita ereditaria caratterizzata dalla frequenza di emorragie interne ed esterne. Una semplice caduta può mettere in pericolo la vita del futuro zar. Nessuno fra i migliori medici d’Europa riesce a guarire il piccolo ne ad alleviare i suoi dolori. Ed è qui che entra in gioco Rasputin.

“Finché rimarrò con voi, finché mi permetterete di chiedere con voi la benedizione di san Simeone, non vi succederà nulla di male. E vostro figlio vivrà”

Un uomo mandato da Dio” sussurra la zarina, da sempre molto credente e superstiziosa. Accolto come un santo nelle stanze del palazzo dello zar inizia la scalata nella corte imperiale di un uomo rude, capace di restare sé stesso senza intimorirsi e restio a ogni cerimoniale, scalata destinata a chiudersi tragicamente. Il carisma mistico dell’uomo fa molta presa soprattutto su Alessandra tanto da dare adito a maldicenze circa il loro rapporto, maldicenze considerate dallo zar menzogne ordite dai liberali. 

1914

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’impero russo mobilita immediatamente il proprio esercito sul fronte orientale contro l’Austria-Ungheria e la Germania. L’attività di Rasputin si sposta dal piano personale a quello politico e mentre lo zar è al fronte il monaco cerca di manipolare la zarina, di origine tedesca, per convincerla a portare la Russia su posizioni pacifiste. 

“I ministri dello zar sono delle marionette i cui fili vengono tirati da Rasputin e dall’imperatrice, una donna estranea al Paese e al suo popolo”

Queste le parole pronunciate alla Duma da Vladimir Puriškevič, esponente di spicco della destra radicale monarchica. Il deputato, assieme al principe Feliks Jusupov e al Granduca Dmitrij Pavlovič, iniziano a cospirare contro Rasputin. Per stanare il monaco, sopravvissuto già a tre attentati, i congiurati puntano sulla sua debolezza più grande: l’attrazione per le donne. L’esca utilizzata è la moglie di Jusupov, la principessa Irina, nipote dello zar e ritenuta la più bella donna di San Pietroburgo. Il piano prevede un incontro clandestino nel suo palazzo senza guardia del corpo e senza che nessuno lo sappia. Una tavola imbandita di vino e dolci, tutti pieni di cianuro. 

1916 

È la notte fra il 16 e il 17 dicembre. Rasputin giunge a palazzo e, come previsto dai congiurati, nell’attesa beve dell’ottimo Madeira e mangia i dolci gentilmente offerti. Il cianuro, presente in grande quantità, avrebbe dovuto fare effetto in pochi secondi. Dopo due ore, nell’incredulità generale, Rasputin non dà segni di cedimento. Il monaco deve morire, in un modo o nell’altro. Un colpo di pistola, sparato da uno dei congiurati, decreta la fine della vita del monaco. Sembrerebbe tutto finito, ma non è così, stando a quanto ci racconta (in maniera alquanto romanzesca) Jusupov stesso. Rasputin è ancora vivo, né il cianuro né il colpo di pistola sono riusciti a ucciderlo. Mentre tenta di scappare da una porticina all’esterno del palazzo i congiurati sparano altri colpi contro il monaco. Il corpo di Rasputin è caricato su una macchina e gettato nelle gelide acque del fiume Neva. 

“Se sono stati i tuoi congiunti ad orchestrare la mia morte, allora la tua famiglia morirà in un paio d’anni per mano del popolo russo”

Il santone dagli occhi di ghiaccio e l’ultimo zar di Russia. Due storie concluse con un unico tragico finale. 

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli 

Scopri tutte le attività