… troppi nomi!

“Bella storia ma complicata, con troppi nomi. E poi Chià che cos’è questo Foro? Un buco? A Roma c’è un grande buco?”. Mia nonna ha reagito così quando le ho raccontato per la prima volta la leggenda di Romolo e Remo. Quel giorno lo ricordo ancora. Io passavo i pomeriggi davanti casa sua a far finta di raccontare la Storia ad un pubblico immaginario. Usavo il telecomando della sua televisione come microfono e… “Oggi vi racconto una BELLA STORIA, la leggenda di Romolo e Remo”.
Uno di quei tanti pomeriggi, con il suo inconfondibile accento abruzzese, nonna incuriosita mi dice:
“Chi stì fa?”. E io: “Mi alleno a raccontare la Storia”. “Bene”, risponde  lei, “Falla sentire a me questa Storia”. Così, gesticolando come faccio ancora oggi, ho iniziato a raccontarle di Enea giunto nel Lazio dopo la guerra di Troia; di Numitore e del perfido Amulio che si contendono la città di Alba Longa; di Rea Silvia che, nonostante l’obbligo della verginità, concepisce due gemelli, Romolo e Remo, e per salvarli dalla furia di Amulio li abbandona presso il fico Ruminale (nell’attuale Foro, dove si teneva il Comizio); del pastore Faustolo e la moglie Larenzia, soprannominata “lupa” perché dedita alla prostituzione (così gli antichi spiegano la figura della lupa che allatta i gemelli, oggi simbolo della città di Roma); dell’intenzione dei due gemelli di fondare una città tutta loro, dell’uccisione di Remo ad opera del gemello e della fondazione di Roma il 21 aprile del 753 a.C.
“Una storia complicata, con troppi nomi. E poi Chià che cos’è questo Foro? Un buco? A Roma c’è un grande buco?”.
In fondo nonna non ha tutti i torti. Come può entusiasmarsi e capire questa leggenda piena di nomi e posti per lei lontani e sconosciuti. Ha lasciato la scuola in seconda elementare perché era l’unica bambina di undici fratelli maschi; erano gli anni Trenta, i suoi genitori vivevano facendo i contadini in un piccolo paese e con la guerra la situazione è anche peggiorata.
Ma quel pomeriggio, dopo che nonna ha confuso il Foro romano per un buco, ho capito la cosa più importante di tutte: che c’è sempre una Storia da raccontare, perché tutto quello che ci circonda è Storia. Anche quello che nonna vede tutti i giorni dalla finestra della sua cucina.
“A nò, sai come si chiama quella?”.
“Certo, quella è la nostra Majella, la montagna più bella di tutte”.
“E sai perché si chiama così?”.
“No, perché? C’è un motivo?”
“Moltissimo tempo fa Maia, una dea bellissima, fuggì dalla sua terra per salvare l’unico figlio maschio che aveva. Dopo aver viaggiato per un lungo periodo arrivò nei nostri boschi per cercare un’erba miracolosa che cresceva proprio qui e che avrebbe salvato la vita del figlio. Ma purtroppo la montagna era ricoperta dalla neve e Maia non riuscì a trovare quest’erba miracolosa e il figlio morì. Distrutta dal dolore Maia decise di seppellirlo proprio sul Gran Sasso e infatti, se guardi la montagna da levante, si vede il profilo del ‘Gigante che dorme’. Maia, con il cuore pieno di lacrime e dolore, morì sul colle che l’aveva accolta e che oggi porta proprio il suo nome: Majella”.
“Pazzesco. Ecco perché si chiama così la nostra montagna. Bravissima, anzi, lodevole, come il voto che mi mise la maestra alla poesia di Capodanno in seconda elementare. Insomma, nella vita vorresti raccontare storie?”.
“Mi piacerebbe assai”.
“Bene, allora fallo. Vai dritta per la tua strada. L’importante è avere sempre qualcosa da raccontare, ma per questo ci sono i libri. Ora che dici, facciamo merenda?”.
“Pane, olio e..”.
“Pomodoro ovviamente, la merenda dei campioni”.
Sono passati quasi 20 anni da quel pomeriggio. Tante cose sono cambiate. Mi sono trasferita nella città fondata da Romolo, mi sono laureata in Storia in una delle Università più prestigiose d’Italia, ho fondato un’associazione culturale e continuo, come quando ero ragazzina, a raccontare la Storia alle persone.
Ars Editour è esattamente questo: la continuazione di quel pomeriggio. Il sogno di una vita frutto di nottate a studiare, di mille lavori per mantenermi, di centinaia di libri letti e documentari visti, di tante persone incontrate, di mille ostacoli superati, di una passione, quella per la Storia, che non smette mai di coinvolgermi e di emozionarmi. È il luogo virtuale in cui si parla di Storia, qualunque storia. È un gruppo di amici che cresce sempre più e che insieme a me questa Storia la canta, la disegna, la fotografa, la proietta, la suona, ci gioca addirittura. Ars Editour dunque è l’insieme di quello da cui provengo e quello che sono diventata, praticamente sono io. E questo blog è un altro posto dove si parlerà di Storia, ogni tipo di Storia, a dimostrazione, così come è successo con nonna anni fa, che si può parlare di Storia sempre, perché tutto è Storia, e ci si può anche divertire a farlo. Nonostante siano passati più di 20 anni, ho ancora tante Storie da raccontare, e Ars Editour è pronta a farlo anche qui.
POST SCRIPTUM: sto ancora andando, grazie nonna…

Di Chiara Civitarese

Immagine di copertina di Marco Bertinelli

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